Siblings
Chi sono i siblings?
Sono i fratelli sani di persone disabili o con malattie croniche o invalidanti.
La relazione tra fratelli è unica e generalmente di lunga durata. Solitamente i fratelli condividono gran parte delle loro esistenze e si supportano a vicenda (Ewertzon M. et al., 2012); se dunque è vero che i siblings sono co-protagonisti della vita del fratello malato, risulta indispensabile che anche i siblings debbano essere inclusi nel percorso assistenziale e sostenuti nel corso della vita.
La disabilità infatti è una condizione che non interessa solo la persona che ne è colpita ma investe senza risparmiare tutte le persone che intorno a questa persona vivono. Un elemento al quale spesso non si presta la dovuta attenzione è il ruolo di una figura talvolta in ombra, quella del fratello o sorella della persona disabile. L’impatto sulla crescita del fratello o sorella del bambino disabile non va sottovalutato.
I siblings possono subire ripercussioni psicologiche di cui spesso gli stessi genitori, presi dalla cura del fratello più bisognoso, non si rendono conto o sottovalutano. Si tratta di situazioni che, se non vengono affrontate in maniera adeguata, possono in alcuni casi dare origine a disagi psicologici, difficoltà di adattamento da parte dei fratelli, fino a sviluppare anche disturbi d’ansia e depressione.
I siblings non sono destinati necessariamente ad un destino di disagio e sofferenza, ma possono essere aiutati a valorizzare appieno l’esperienza che vivono e diventare persone sensibili e resilienti come pochi altri coetanei. Per fare questo spesso basta poco: cogliere eventuali specifici segnali di disagio evolutivo e mettere in pratica alcuni accorgimenti educativi.
La particolarità della condizione di sibling è costituita dal fatto che la sua crescita e lo sviluppo dell’identità si compiono confrontandosi continuamente con la presenza di un fratello o una sorella disabile e con genitori che si trovano a gestire un trauma.
Prestare attenzione ad alcuni segnali dei siblings e porci domande sulla loro situazione, non significa cercare a tutti i costi il risvolto patologico di alcuni passaggi anche fisiologici della crescita di un bambino, ma si tratta di monitorare una condizione di crescita delicata e cercare di fare prevenzione attraverso il mantenimento di uno spazio relazionale di ascolto e confronto.
Le problematiche emerse nei siblings maggiormente riscontrate in letteratura sono suddivisibili nei seguenti gruppi principali: somatizzazioni, emozioni/stati d’animo, comportamenti problematici, problemi psicologici.
• Somatizzazioni: la somatizzazione nella maggior parte dei casi, si presenta con sintomi tipici quali mal di testa, mal di stomaco, enuresi e problemi alimentari.
• Emozioni/stati d’animo: nella maggior parte degli studi lo stress è la reazione emotiva maggiormente rappresentata. Può essere causato da numerosi fattori come l’alto livello di stress percepito dai genitori e che successivamente si riversa sul sibling e la concomitante mancanza di rete sociale; da uno stato di povertà economica della famiglia (Kilmer et al., 2010), dall’incertezza della situazione familiare. Lane e Mason affermano come il sibling si senta colpevole principalmente per tre motivi: l’aver fatto qualcosa di male, il fatto di essere lui stesso il bambino sano e anche per tutto ciò che prova nei confronti del fratello malato e della famiglia in generale (Lane e Mason, 2014).Il senso di colpa sarebbe scatenato dalla mancanza o non completezza delle informazioni date al sibling dalla famiglia (O’Shea et al., 2012). In molte occasioni l’intento protettivo dei genitori di ridurre l’impatto della disabilità sulla vita dei figli sani (“meno ne sanno e meglio è”) li porta a tenerli all’oscuro delle caratteristiche della disabilità dei fratelli; così facendo i siblings arrivano spesso a riempire le proprie lacune di informazioni con il bagaglio a propria disposizione, spesso non sufficiente, che gli consente comunque di compensare il bisogno di fornire un senso alla realtà che lo circonda.
Risulta quindi fondamentale dare spiegazioni semplici e vere riguardanti la disabilità o la malattia, utilizzando un linguaggio che sia appropriato all’età. Fornire informazioni corrette e comprensibili ai siblings significa riconoscere e valorizzare la loro competenza nell’ utilizzo dell’esame di realtà e di mantenere un locus of control bilanciato (Powell, 1993). Ad esempio, un sibling potrà essere più a proprio agio nel suo contesto sociale avendo a disposizione alcune risposte realistiche alle domande più frequenti e potenzialmente imbarazzanti che gli vengono rivolte dai coetanei sulla disabilità del fratello o sorella. Secondo Beaulieu (2012) il senso di colpa emerge invece dalla gelosia provata nei confronti del fratello per le attenzioni ricevute dalla famiglia e più in generale dalla società.
Una corretta informazione sui pensieri e sui vissuti ricorrenti dei siblings è il punto di partenza per qualsiasi strategia preventiva ed educativa in favore di chi, spesso, viene fisiologicamente perso di vista dai genitori durante il loro difficile compito di crescere un bambino disabile.
• Comportamenti problematici: Giallo et al. (2014) evidenziano un elevato tasso di problematiche relazionali evidenziate dalla difficoltà con i propri pari. A ciò si aggiungono probelmatiche comportamentali quali problemi di condotta e comportamenti oppositivi.
• Problemi psicologici: tra i sintomi internalizzanti troviamo ansia e depressione; la forte presenza di ansia riguarda secondo Moyson e Roeyers (2012) l’incapacità di capire il fratello e le sue necessità.Come affermano Patterson et al., (2011) c’è una forte correlazione tra necessità non soddisfatte e depressione; infatti i siblings ai quali non venivano riconosciute le proprie necessità sviluppavano livello di depressione molto elevati. Possono essere inoltre presenti numerose difficoltà scolastiche e peggioramento del rendimento dato dal cambiamento della routine familiare che porta quindi ad un deterioramento delle performance scolastiche e sociali (Bowman et al., 2014). Aspetti di tipo psicologico comprendono anche problematiche di adattamento, ritardo nello sviluppo sociale, sindrome da iperattività/disattenzione e soppressione delle proprie necessità per far fronte alle esigenze del fratello malato. I bambini che vengono parzialmente privati di uno dei genitori, per questioni riguardanti il fratello malato, hanno una ridotta autostima: questo perché il genitore disponibile non è sempre capace di fornire un ambiente propositivo tale da non fare in modo che il sibling incorra in sentimenti di impotenza e incompetenza (Vermaes et al., 2012).
Salvo eccezioni, non si è soliti proporre attività preventive ai siblings prima dei 7-8 anni. Di solito si ritiene che un certo grado di attenzione ed il sostegno ai genitori sia sufficiente.
Tra gli 8 e i 13 anni, i siblings affrontano il primo periodo più difficile rispetto al loro essere ‘fratelli di’; gli altri periodi sono l’adolescenza e l’età adulta.
In tutte e tre le fasi ,anche se con modalità ovviamente evolutive diverse, ricorrono le tematiche del rispecchiamento con una persona così “diversa” e della sensazione di “invisibilità” delle proprie problematiche anche fisiologiche di crescita rispetto a quelle del fratello come quelle della“perdita” di una relazione fraterna “normale” e della propria routine di un’esistenza ordinaria, sconvolta dai frequenti “imprevisti” causati dalla malattia .
Una delle emozioni più frequenti e anch’essa ricorrente è inoltre la paura per l’esito della malattia, per i comportamenti aggressivi o bizzarri che potrebbe avere il fratello ma anche paura della contaminazione o di dare alla luce dei figli malati. La disabilità del proprio fratello però non genera esclusivamente vissuti negativi, ma permette ai siblings anche di sviluppare nuove potenzialità e risorse, come empatia, sensibilità, tolleranza, compassione, lealtà, pazienza e affidabilità. Molti siblings riescono inoltre a far fronte alle problematiche generate dalla malattia del fratello sfruttando le proprie competenze e strategie di resilienza, che li rendono capaci di reagire alla situazione di oggettiva difficoltà, riuscendo a riorganizzare positivamente la propria vita e auto-riparandosi.
Il progetto in oggetto prevede di attivare un servizio gratuito per le famiglie che possa sostenere i siblings privilegiando un approccio individuale di psicoterapia breve (piuttosto che di gruppo) di una seduta una volta alla settimana per 12 mesi per sviluppare proprio le potenzialità e risorse individuali e specifiche di questi ragazzi nella fase più delicata di crescita e individuare, riparandole, le eventuali aree invece più fragili in modo precoce e preventivo (preadolescenza-adolescenza: 8-16 anni).
La psicoterapia utilizzata si basa sul modello terapeutico dell’Esperienza Immaginativa, nato dall’evoluzione teorica e scientifica del Rêve – Eveillè Dirigè di Robert Desoille (1890‐1966). La Psicoterapia con l’Esperienza Immaginativa, modello psicodinamico basato sull’uso privilegiato della produzione immaginativa, sfrutta la centralità dell’Immaginario come luogo della cura. Il movimento simbolico all’interno dello spazio immaginativo permette non solo il decondizionamento di sintomi psicopatologici, ma anche la sintesi della personalità, portando a coscienza tutti gli elementi dispersi della psiche, attraverso la sintesi simbolica e il valore terapeutico dell’espressione verbale dell’immagine, all’interno di una relazione strutturata. “Il lavoro con l’Immaginario offre infatti l’occasione di entrare in contatto con la propria creatività. Nel setting il terapeuta stesso vive lo scenario organizzato dal paziente e, affidandosi alla spinta della propria intuizione, interviene verbalmente con la funzione di risvegliare, nella scena che si sta disvelando, potenzialità bloccate e di favorire l’emergere dell’intelligenza inconscia nella coscienza. La proposta di immaginare, nel corso di una psicoterapia, comporta la creazione di una scena immaginativa e di uno spazio immaginario all’interno del quale il paziente si sposta, prova emozioni, nella misura in cui si sviluppa uno scenario del quale egli è il regista. Creazione, gioco nel senso winnicottiano, dinamica di illusione e disillusione sono al centro di questo processo”. La spiegazione delle basi neurali della stimolazione immaginativa (Passerini 2009) spiegano il processo creativo che risulta dall’attivazione dell’Immaginario: funzione “superiore”, ipoteticamente basata sull’attività oscillante di popolazioni di neuroni (Passerini, Valtorta 2009) che favorisce la penetrazione dell’intelligenza inconscia nella coscienza e, viceversa, della razionalità nell’inconscio (Toller, Passerini 2007). L’Esperienza Immaginativa costituisce una delle maggiori fonti di liberazione dell’affettività: l’immaginario, teatro del Desiderio e luogo della Riparazione (Fabre 1997; Passerini 2015).